C’erano le montagne, l’aria frizzantina del mattino e un’energia che sembrava infinita. Le vacanze estive in colonia con i lupetti non erano semplicemente “una vacanza”, ma una piccola avventura con lo zaino in spalla e il cuore spalancato.
Giornate scandite da corse nei prati, racconti intorno al fuoco, partite infinite a calcio-balilla e gelati al biscotto che sembravano avere un sapore migliore, forse perché condivisi con gli amici più cari. Amicizie nate in camerate piene di zaini, sacchi a pelo, calzini spaiati e risate fino a tardi. Amicizie che, chissà come, anche senza social o selfie, restavano nel cuore.
E poi c’era lui, il mitico telefono a gettoni del bar del paese. Quella cabina un po’ storta, con la porta che cigolava e il luccichio delle monetine in mano. Le telefonate alla mamma, brevi ma intense, con la voce un po’ tremante, per dire: “Sto bene, sì, ho mangiato tutto!” anche se magari l’ultimo pasto era stato un panino volante tra una caccia al tesoro e una staffetta improvvisata.
Erano vacanze di libertà e scoperta, di vestiti infangati e ginocchia sbucciate, di storie sussurrate la sera sotto il cielo stellato. Un tempo semplice, dove bastavano una borraccia, un fazzolettone al collo e un pizzico di fantasia per sentirsi grandi esploratori.
E anche se oggi le vacanze sono un po’ più comode e i telefoni non hanno più gettoni, ogni tanto fa bene tornare con la mente a quei giorni. Perché certe estati, quelle dei lupetti in montagna, non passano mai davvero: restano lì, tra le pieghe del cuore, a ricordarci quanto fosse bello il profumo dei pini e quanto bastasse poco per sentirsi felici.