C’è qualcosa di incantevole, quasi fuori dal tempo, nel gesto di scrivere una cartolina. Un piccolo rettangolo di carta che profuma di viaggio, di lentezza, di pensieri scelti con cura.
Niente a che vedere con i messaggi vocali da ascoltare in fretta o con le emoji mandate al volo – la cartolina è un sussurro gentile, che attraversa chilometri per arrivare tra le mani di qualcuno a cui vogliamo bene.
Scrivere una cartolina è un rito. Si sceglie la più bella, si cerca il francobollo giusto, si prende la penna preferita. E poi si comincia: poche righe, magari scritte seduti su una panchina assolata, davanti al mare o sotto un glicine in fiore. Le parole si fanno più lente, più vere. Si racconta un momento, un odore, una risata. E in quelle righe c’è tutta la poesia del pensare a qualcuno anche quando siamo altrove.
Riceverla, poi, è un piccolo incanto. Quel rumore secco della cartolina che scivola nella cassetta della posta, la calligrafia familiare, magari un po’ storta dal vento. È un frammento di mondo che qualcuno ha voluto condividere con noi, e che arriva senza fretta, portando con sé la bellezza delle cose fatte con il cuore.
In un tempo che corre, scrivere (e ricevere) una cartolina è un gesto tenero, quasi rivoluzionario. Una poesia che viaggia. E che resta.